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  • Susanna Gristina

Febbraio, tempo di Fashion Week!



Ha appena chiuso i battenti (ma solo per il momento, naturalmente!) la London Fashion Week, che, come di consueto, ha seguito l'analogo evento tenutosi a New York i primi di febbraio... ed ecco che oggi prende il via un altro degli appuntamenti-cult per il mondo del fashion: la Settimana della Moda a Milano!


Nei prossimi sei giorni, dal 24 al 29 febbraio, i riflettori si accenderanno su una delle passerelle più attese dell'anno, pronta a disvelare in ben 182 collezioni per il prossimo autunno/inverno nuove tendenze e sperimentazioni, ricerca e design nell'ambito della moda: ciò che di più effimero e frivolo, e al contempo durevole e attentamente studiato (talvolta persino "impegnato"), possa esistere.


73 sfilate, 99 presentazioni e 13 eventi - questi i numeri che preannuncia il programma - vedranno farsi protagonisti tessuti, colori, fogge e materiali di ogni tipo: uno spettacolo, non a caso esibito all'interno di veri e propri fashion show, che da tempo hanno mandato in soffitta la pura e semplice "passerella" di modelle-mannequin (manichini, appunto) sotto la direzione dei patron di sartorie di alta moda, cedendo il passo ad eventi animati da top model e fashion designer, veri e propri personaggi, oggi seguiti da milioni di follower sui social e sulla rete.


L'industria della moda si raduna dunque nella città meneghina, improvvisamente sovrappopolata (come se già non lo fosse) di designer, modelle, giornalisti, fotografi, media entertainer e fashion businessmen (e women) da tutto il mondo.


Ma quali sono le origini di questo appuntamento che, ormai diffuso a livello veramente globale, trova pur sempre i suoi punti di massima audience nelle città di Milano, Parigi, Londra e New York, non a caso dette "le capitali della moda"?


Era il 1943, nel pieno della seconda guerra mondiale, quando a New York si tenne la prima settimana della moda, allora detta "Settimana della stampa". La "Press Week" fu organizzata per opera di una pubblicista, Eleanor Lambert, con lo scopo di mostrare il lavoro e le nuove collezioni degli stilisti americani ai giornalisti, in genere attratti dalle passerelle parigine: in una fase storica in cui era impossibile importare abiti dall'Europa, questa iniziativa intese promuovere la moda locale a discapito di quella francese (per ovvie ragioni allora "irraggiungibile"). Se la mostra era dedicata alla stampa, gli acquirenti erano ammessi invece solo agli showroom degli stilisti. L'intuizione della Lambert aveva avuto successo: riviste di moda come Vogue, che in precedenza si erano principalmente concentrate sulla moda francese, si volsero alla moda americana con nuovi occhi ed accresciuto interesse. Al termine del conflitto bellico l'iniziativa fu replicata nelle altre capitali della moda - Parigi, Londra e Milano - sino ad estendersi, a partire dai primi anni duemila, a tutto il mondo. Tuttavia, gli eventi delle prime quattro capitali, a ragione ribattezzate "le Big Four", sono rimasti quelli più importanti ed attesi: vi sfilano le case di moda più prestigiose e sono seguite dai compratori e dai giornalisti più influenti.



Ciascuna delle fashion week delle quattro capitali ha una sua cifra distintiva.

New York è la principale passerella per gli stilisti statunitensi o naturalizzati americani: Ralph Lauren, Tommy Hilfiger, Oscar De La Renta, Carolina Herrera, DKNY, Michael Kors, Vivienne Tam e Vera Wang. Dedicata allo stile streetwear, ispirato ai vestiti indossati dai più giovani in strada e nella vita di ogni giorno, si apre di anno in anno a sempre più numerosi e talentuosi brand emergenti.


La London Fashion Week, organizzata dal British Fashion Council (l’ente che si occupa della moda britannica), è nata nel 1984 e si è sempre contraddistinta per la moda classica “british” di Burberry, Daks, Mulberry, Pringle of Scotland e Paul Smith, quella anticonformista degli ultimi vent’anni, di cui Vivienne Westwood è una esponente, o ricercata come è nello stile di Alexander McQueen. Come sempre all'avanguardia, Londra ha inoltre inaugurato la trasmissione online delle sfilate.


Milano Moda Donna, oggi organizzata dalla Camera Nazionale della Moda Italiana, è il terzo evento di questa luminosa "staffetta del fashion". Negli anni '70 ricevette l'eredità di capitale del fashion da Firenze, dove nel 1952 avevano iniziato a sfilare le collezioni degli stilisti di alta moda. Alle sfilate prêt à porter di Walter Albini, Krizia e Missoni, tenute inizialmente alla Fiera di Milano, si aggiunsero le collezioni di altri marchi storici milanesi: Giorgio Armani, Versace, Gianfranco Ferré e, negli anni Novanta, Dolce & Gabbana. Gucci, Emilio Pucci, Roberto Cavalli ed Ermanno Scervino, con sede a Firenze, hanno completato il parterre di un evento nato per celebrare il Made in Italy e le aziende manifatturiere che producono abbigliamento e accessori in modo ancora artigianale. Ne calcano le scene ora anche fashion designer internazionali ed asiatici.



Parigi, patria dell'haute couture dalla fine del Novecento, chiude il quartetto di eventi di uno straordinario mese di febbraio con la settimana della moda francese, Mode a Paris, la più lussuosa delle fashion week ed anche la più internazionale. Organizzata dalla Fédération Française de la Couture du Prêt-à-Porter des Couturiers et des Créateurs de Mode, quest’anno si terrà dal primo al 9 marzo. Accanto ai nomi storici di Chanel, Dior, Louis Vuitton, Hermés, Balmain, Givenchy, Lanvin, molti stilisti giapponesi (come Kenzo, Comme des Garçons, Yohji Yamamoto), belgi (come Maison Margiela, Dries van Noten e Ann Demeuleemester) ed italiani (come Valentino, Giambattista Valli, Miu Miu e Miuccia Prada con la sua seconda linea).


Da questi quattro caposaldi la gemmazione di fashion week ormai su tutto il globo, alcune dedicate alla presentazione di prodotti specifici: come Miami, ad esempio, dedicata ai costumi da bagno, o Portland, polo delle sfilate ecologiche.


E allora, che dire? Buon inizio alla Milano Fashion Week e ai suoi designer: siamo in attesa di scoprire le meraviglia della creatività, del design, della capacità di innovazione, della cultura made in Italy, della sapiente artigianalità che gli stilisti vecchi e nuovi sapranno interpretare!

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